Una sola carriera lavorativa? No, almeno due! – II parte
L’articolo di Luigi Rigolio, letto di recente e intitolato “Partendo da Peter Drucker: la seconda vita lavorativa dei knowledge workers”, mi dà lo spunto per commentare la tesi dell’autore dell’articolo sull’opportunità di avviare una seconda carriera nell’ambito delle risorse umane (es. coach, counselor, mentor, trainer).
Rigolio sostiene:
Un’opportunità concreta: le scienze umane nel business. E’ difficile immaginare un tempo ove gli uomini faranno a meno di riunirsi (sembra al contrario che le riunioni siano in aumento). Fino a quando sarà necessario motivare le persone, veicolare messaggi ai clienti, trasmettere conoscenze teoriche e pratiche, la comunicazione tra persone sarà indispensabile. Il computer non potrà sostituire l’essere umano nel disegnare una strategia, nel selezionare le persone adatte ad un lavoro, nel risolvere un problema complesso, nella negoziazione.
– Luigi Rigolio
Vero è che se una persona ha una carriera come manager - specie in una grande multinazionale - facilmente sarà stato formato anche nelle cosiddette competenze “soft” o trasversali e le avrà necessariamente messe in pratica più o meno bene, più o meno con risultati di successo. Quindi un manager che cerca una seconda carriera può trasmettere, insegnare, formare i giovani sulle competenze “soft”.
La tesi è questa, con delle osservazioni puntuali che ne fanno una tesi da condividere.
Eccole:
1. Approccio scientifico. Le “risorse umane” come ambito professionale non sono alla portata di tutti, non sono solo chiacchiere come potrebbero pensare persone con una cultura prettamente scientifica. Anche in questo campo occorre studiare, ricercando fonti autorevoli e praticare con la supervisione di persone competenti.
2. Orientamento all’eccellenza. Mentre i professionisti con un background scientifico godono facilmente di fiducia e credibilità, nel caso di persone che operano nell’HR è necessario continuare a conquistarsi la fiducia:
- Dimostrando un habitus scientifico
- Praticando l’aggiornamento continuo
- Raccogliendo feedback e suggerimenti
3. Capitalizzazione dell’esperienza. Non basta essere stato manager, è necessario elaborare quanto si è imparato e praticato nei temi che si vogliono insegnare e non improvvisare, ma andare alle radice degli insegnamenti ricevuti e, se del caso, aggiornarli e adattarli alla realtà e alle persone con cui si sta operando oggi. Se uno non conosce le origini di certi temi è difficile che possa progredire.
4. Attenzione alle condizioni di ingaggio. Troppo spesso persone che ho seguito in questo percorso consigliato da Rigolio si vedono offrire condizioni di ingaggio... nulle, cioè si vedono offrire collaborazioni a investimento (per loro stessi si intende). Non va bene. Uno può scegliere di entrare in un mercato o su un cliente con condizioni di favore, ma lavorare gratis non è l'opzione consigliabile, (quasi) mai.
5. Mantenere la capacità di ascolto. Un manager che ha sempre avuto successo difficilmente è pronto ad ascoltare. E invece questa è una delle competenze che servono maggiormente in questo tipo di professione. Non solo per supportare la singola persona, ma anche per rimanere aggiornati sui bisogni espressi dal mercato attraverso i propri cleinti.
GoodGoing!
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