"Sergio Marchionne" di Tommaso Ebhardt
Quest’estate ho letto la mia prima biografia.
Non la mia medesima 😊, quella di una persona nota: Sergio Marchionne.
In genere leggo più romanzi che saggi nel tempo libero, ma in questo caso – su suggerimento di mio marito - mi sono portata in vacanza questo libro e l’ho letto: si legge come il migliore dei romanzi gialli (detto in senso positivo).
La biografia di Sergio Marchionne
È un libro che racconta l’esperienza personale dell’autore – Tommaso Ebhardt, direttore della redazione di Bloomberg Italia - che ha seguito Sergio Marchionne (SM lo chiama lui nel libro) per 10 anni da vicino e ha voluto raccontare di SM in un libro su suggerimento dello stesso SM, che una sera - dopo un invito a cena nella sua casa in Michigan - gli disse en passant “con tutto quello che ti ho detto hai materiale per scrivere un libro” (cito a memoria).
Confesso di avere un "pregiudizio" su Marchionne: Sergio Marchionne ha salvato la FIAT ed è un grande manager, uno dei pochi in giro, da cui imparare molto. Ho quindi letto la sua storia degli ultimi 10 anni con la mente non solo aperta, ma sostanzialmente in positivo.
Cosa mi porto a casa?
Mi porto a casa due riflessioni:
- Una sul manager
- Una sull’uomo.
Sergio lavoratore
Non sono certo io a dover giudicare, ma posso esprimere un’opinione.
E l’opinione è che SM sia stato un grande manager nel senso che:
- sapeva di numeri e faceva le strategie basandosi sui numeri
- guardava i fatti e dava valore ai fatti
- conosceva le persone, anche quelle che nella scala gerarchica sono gli ultimi
- lavorava molto, da solo e con il suo team
- insegnava dando l’esempio
- lavorava per gli azionisti
- aveva studiato e studiava molto, di tutto
- aveva una forza personale tale da potersi permette di imporre la sua leadership: dal maglione alla scalata di Crysler.
Sergio uomo
Come uomo mi è rimasto solo un dubbio che mi arrovella proprio personalmente. Sergio Marchionne lavorava … sempre, non solo aveva sempre in mente l’azienda (o meglio le aziende in cui ricopriva dei ruoli di responsabilità), ma proprio fisicamente: era sempre sul pezzo (sabato, domenica, sera) trascurando la famiglia.
In un’epoca – quella di questi anni - in cui si rivaluta il tempo, gli affetti, l’emotività, la famiglia (almeno a parole, nei convegni) avere un esempio come quello di Marchionne fa pensare.
Mi sono data questa giustificazione: forse Sergio considerava la Fiat la sua famiglia, aveva un grosso senso di responsabilità verso i 300.000 dipendenti di cui era il capo e quindi dava tutto a loro.
Non lavorava per i soldi o per la gloria, ma per la soddisfazione di far funzionare bene le cose di cui gli era assegnata la responsabilità: più volte nel libro si sente Marchionne dire “I am a fixer”.
Come ingegnere non posso che essere affascinata da questa figura e augurarmi di poter approfondire la sua conoscenza come manager anche attraverso altre testimonianze, pur riconoscendo che questa di Tommaso Ebhardt è veramente “outstanding”: da leggere, da regalare, da studiare, da adottare nei corsi MBA, …
e Goodgoing! ?
È quindi un libro che consiglio ai manager che si rivolgono a GoodGoing! e che quindi pensano che valga la pena lavorare su stessi per migliorarsi in continuazione: leggere un libro come questo e riflettere sullo stile di management di SM porterà di sicuro ad adottare qualche piccola azione anche al nostro livello o, almeno, me lo auguro, perché va nella direzione di prendere in mano la propria vita e fare le cose secondo i propri valori.
Non credo assolutamente alla regola che più sono giovani più sono bravi. Anzi. Sono per il riconoscimento delle capacità delle persone che abbiano trenta o sessant'anni.
– Sergio Marchionne