Perché accettare un incarico di consulenza quando si sta cercando lavoro
Vi voglio raccontare un caso concreto in cui una persona che stava cercando lavoro e ha accettato l’opportunità di lavorare come consulente senza perdere di vista l’obiettivo ideale di rientrare in un’azienda come dipendente.
Il caso di Eleonora
La persona di cui parliamo qui si chiama Eleonora, viene da Roma ma lavora a Milano ormai da diversi anni. Ha un profilo professionale legato alla comunicazione: ha iniziato come giornalista e PR, si è poi dedicata a livello aziendale al marketing/comunicazione per poi approdare al mondo del no profit in un paio di realtà molto note e molto significative.
Persona brillante, piacevole, con tante conoscenze e una buona reputazione nel suo mercato di riferimento. Anche un bel modo di fare nell’approcciare le persone, tant’è che - dopo essere uscita dall’ultima azienda a causa di decisioni strategiche su cui non poteva impattare in alcun modo - ha incontrato in pochi mesi tantissime persone in target, cioè persone che in azienda o in enti/ organizzazioni avrebbero potuto offrirle una posizione. Il suo obiettivo era questo anche perché Eleonora è una donna single, nei suoi 40, dedita e appassionata del suo lavoro.
Io sono stata la sua Career Coach.
Ad un certo punto, dopo tanti incontri e alcune opportunità “irricevibili”, abbiamo messo sul piatto l’opportunità di fare la consulente. Si stavano infatti presentando diverse opportunità magari piccole in sé, ma in ambiti complementari che messe insieme facevano un lavoro full time. Quindi perché no?
I motivi per cui non si vede questa soluzione sono diversi:
visto che “si è in ballo”, si vuole centrare l’obiettivo “ideale”, in questo caso un contratto da dipendente in un’azienda di un certo pregio
si può avere una cultura e una educazione da “posto fisso”, in questo caso Roma è un ambiente in cui il posto fisso specie se statale la fa da padrone
si può aver investito tanto nella ricerca, che si vuole raccogliere il frutto a costo di “aspettare ancora un po'”
...
Ognuno ha le sue motivazioni. Io ho indicato quelle che mi ricordo del caso di Eleonora e che erano state rese esplicite.
Ci sono però anche dei buoni motivi per “buttarsi”:
In Italia (ma anche in altri paesi) è meglio cercare avendo un lavoro piuttosto che non avendolo
Anche psicologicamente è meglio avere impegni professionali anche se non full time piuttosto che niente
Ci sono alcune occasioni professionali che sono interessanti anche se non ci occupano a tempo pieno e per tutte le nostre competenze
E’ possibile spendere delle nostre due o tre aree di competenze forti, una con una collaborazione, una con un’altra collaborazione, basta che non siano per aziende in concorrenza
Potremmo scoprire un nuovo modo di lavoro che ci appaga
Possiamo comunque tornare indietro e accettare una proposta “non rifiutabile”
Si ricomincia a guadagnare!
Quello che voglio dire è che il mondo del lavoro di oggi non è lineare neanche da questo punto di vista, quindi apriamo mente e cuore anche ai primi ingaggi come consulente.
Il ruolo di GoodGoing!
Certo fare il percorso sopra da soli non è sempre facile. Eleonora all’inizio si è trovata un po' “spinta”, ma dopo poco tempo è stata contenta e comunque anche se ora è ritornata a essere dipendente in aziende di prestigio come desiderava non rimpiange questo passaggio e mi è riconoscente. A volte un Career Coach è proprio necessario per vedere altre strade. Noi di GoodGoing! lo sappiamo bene in base alla nostra esperienza e all’esperienza dei nostri clienti, quindi fatevi sentire!