Mi hanno chiamato per un colloquio di lavoro. Cosa devo fare?
Molte volte mi sono sentita fare questa domanda.
A dir la verità è già positivo che la persona, che supporto nella sua navigazione nel mondo del lavoro, mi faccia la domanda e non dia per scontato che non ci sia niente da fare.
Purtroppo, in Italia ci sono ancora molti che hanno un atteggiamento obsoleto nei confronti della selezione. Pensano cioè, che il colloquio di lavoro sia come l’interrogazione a scuola in cui ci si presenta e si risponde alle domande nel modo migliore e più candido possibile per far vedere come si è anche dal punto di vista personale. Ovviamente la materia la conosciamo perché si tratta di noi!!!
Niente di più sbagliato, lasciatemi usare questa parola.
Il colloquio, uno o più, è un evento di business e come tale deve essere trattato. Va quindi preparato anche se siamo giovani e alle prime esperienze.
Il caso di Maura
Proprio ieri ho incontrato una persona – chiamiamola Maura per semplicità – che, dopo un periodo in cui si è dedicata primariamente ai figli - due, piccoli - vuole riprendere in mano la sua vita professionale e cercare un’occupazione. E’ convinta di aver fatto poco nella vita… ma questo sarà oggetto di un altro post.
Maura ha diverse conoscenze e pian piano – anche su mio sollecito - sta ricontattando alcune persone chiedendo un incontro in cui verificare se è possibile iniziare una collaborazione nella loro organizzazione. Una di tali persone le ha dato appuntamento.
E ora? Che fare?
Maura non aveva ancora “studiato” il sito dell’azienda che incontrerà. Non voleva neanche “spiare” su LinkedIn il profilo delle persone che incontrerà. Sperava di piacere. Punto.
Chiariamo una cosa, anzi un paio:
Ci si deve preparare visto che oggigiorno ci sono gli strumenti. Anni fa, quando non c’era internet, in effetti sapere dell’azienda e delle persone che si sarebbero incontrate era quasi impossibile. Oggi no e quindi è un dovere farlo. L’azienda e le persone che incontriamo se lo aspettano e se proprio non lo pretendono saranno senz’altro ben impressionate, se dimostreremo di esserci informate.
- LinkedIn è un network pubblico in cui il singolo inserisce delle informazioni perché siano lette e a disposizione di tutti. Cerchiamo di non essere oltremodo sospettosi dove non ce n’è motivo!
- Idem per i siti delle organizzazioni e per tutte le informazioni che si trovano su Google.
Non sono più i tempi in cui ci si presenta al patibolo e si attende il giudizio da parte dell’azienda. Non è questo l’atteggiamento che paga. Quello che paga è una certa dose di iniziativa e di entusiasmo che si concretizza nell’arrivare al colloquio sorridenti e con delle idee di collaborazione da proporre. Non lasciate che vi leggano negli occhi. I selezionatori non sono dei maghi, credetemi. Se volete che sappiano di noi, di quello che sappiamo fare e che potremmo fare da loro DITELO. Anche se avete mandato il cv, anche se c’è una posizione aperta, anche se non c’è una posizione aperta. Vi incontrano per questo: per conoscervi, non per fare scena muta e farvi valutare su un pezzo di carta che orami ha fatto il suo, cioè vi ha fatto convocare al colloquio.
L’ansia può giocare brutti scherzi. Ad oggi conosco solo due metodi: uno razionale e uno più soft.
- Quello razionale consiglia di prepararsi facendosi delle domande e rispondendo a voce alta. Lo fanno gli attori di ripetere a voce alta, possiamo farlo anche noi. Le liste delle domande le trovate anche su questo sito (vedi ebook).
- Quello soft consiste nell’utilizzare metodi di respirazione, che afferiscono per esempio allo yoga o al training autogeno. Magari stiamo proprio facendo un corso di yoga o siamo sportivi e conosciamo tecniche di concentrazione. Usiamole anche in ambito professionale. Funzionano!
Da ultimo concedetevi/regalatevi una simulazione di colloquio con un professionista come quelli di GoodGoing! Ne vale la pena.