Colloquio di lavoro e abbigliamento giusto: quanto conta?
“L’abito fa il monaco” si dice!
Si può essere d’accordo o meno con le massime e possono piacere o meno. Vero è che il colloquio di selezione per un lavoro in azienda ha le sue regole e una è relativa all’abito.
Intendo l’abito in vari sensi.
L'abito in senso stretto
In senso stretto l’abito è quello che ci si mette per coprirsi: il vestito, la giacca, la gonna, gli accessori, i colori, la cravatta, i tacchi, i gioielli, il trucco, ecc..
Nella nostra cultura ci sono delle regole non dette, io mi riferisco a quelle in uso in Italia. Cambiassimo paese dovremmo informarci e adeguarci.
Anche rimanendo in Italia, vanno fatti dei distinguo: un conto è essere a Roma e un conto a Milano, un conto è appartenere a un settore come la moda, un conto è appartenere al Finance, un conto è cercare un lavoro come magazziniere e un conto come funzionario in banca!
Nonostante il paese stia evolvendo e venga in alcuni campi influenzato per esempio dalla cultura americana, da noi quando si va ad un colloquio è bene vestirsi al meglio rispetto al proprio ambiente di lavoro.
Cosa intendo?
Intendo che non sempre vestirsi in maniera appropriata significa vestirsi come per un matrimonio o una serata, anzi! Meglio è avere in mente come ci si veste nel proprio ambiente pensando alle occasioni principali: un brindisi di Natale, una promozione, una conferenza con il capo estero…. Se quindi normalmente mi vesto casual, magari per un colloquio mi vesto con giacca e cravatta, ma con uno spezzato. Se opero nel mondo della Finanza o nella Consulenza di Direzione mi vesto sempre con il vestito scuro, magari a righe, camicia bianca, cravatta di Hermes o a pallini o regimental, aggiungo anche i gemelli, se opero in ambiente anglosassone. Se opero nell’industria metalmeccanica probabilmente – a meno che non sia un DG (Direttore Generale) o un CFO (Chief Financial Officer) – mi vestirò con uno spezzato.
Se sono una donna? Alle donne – dalla Marina Bellisario in poi – è concesso pian piano di più: sempre meglio presentarsi in modo professionale, onde evitare di dare dei messaggi che possono essere fraintesi e che non sempre o non per tutti sono coerenti con la professione.
Vent’anni fa il tailleur in certi ambienti era un “must”. Ora c’è più libertà. Le donne usano facilmente i pantaloni e le maglie. Io consiglio comunque un aspetto sobrio, anche nel trucco e negli accessori.
In genere i tatuaggi e troppo braccialetti soprattutto negli uomini o i piercing in azienda non sono “di moda”.
L'abito in senso meno stretto
Ciò detto, c’è un abito anche in senso meno stretto: ci sono i modi, come saluto, come mi pongo nei confronti delle persone che incontro in reception, in colloquio, in attesa, ecc., per fissare l’appuntamento, durante l’incontro, dopo l’incontro.
Che dire?
Educazione, anche se di questi tempi a volte penso che anche cosa vuol dire educazione e rispetto per tutti e per il lavoro di tutti andrebbe spiegato! Meglio un “per favore” e un “grazie” in più che in meno, anche con il portiere – fatemelo dire! Ovviamente dovrebbe essere autentico. Il “gentilissimo” che ormai si sente spesso è orrendo!
L'abito in senso lato
C’è anche un abito in senso lato: l’abito cioè l’atteggiamento che metto in questo evento. Il colloquio, la sua convocazione, l’incontro e il follow-up sono eventi di business e in ottica di business vanno trattati e vissuti, non solo nell’apparenza, ma anche nella sostanza. Parlerò quindi come parlerei in azienda con il mio capo o un mio collega, avrò una focalizzazione e un’energia – anche per un colloquio conoscitivo – tesa a mostrare quanto ho da offrire e con l’umiltà di capire se ciò che offro risponde a quanto cercato, magari insieme con l’interlocutore. Quindi non arroganza o superiorità, ma neanche dimissione, sciatteria, falsa modestia.
Ciascuno pensi a una o più situazioni di lavoro di un cento impegno in cui si è piaciuto (ed è piaciuto) e pensi a quella situazione, la riviva brevemente prima di “scendere” in campo nel colloquio.