"Il censimento dei radical-chic" di Giacomo Papi
Alcuni hanno provato a considerarmi snob o radical-chic, a volte, in alcuni atteggiamenti. Ecco quindi che quando mio marito ha letto questo libro, gliel’ho "rubato" non appena lo ha finito. Il volumetto si legge in un soffio perché - pur appartenendo alla categoria dei saggi - è scritto come un romanzo (o viceversa?), anzi un giallo. Io l’ho letto perché mi fido di quello che legge mio marito, non sono andata a vedere recensioni da nessuna parte.
Il modo di scrivere di Giacomo Papi è coinvolgente proprio perché passa dei concetti e delle riflessioni acute sul mondo di oggi attraverso un racconto giallo. In realtà la IV di copertina dice che "fa ridere". Beh! a me non ha fatto proprio ridere, forse perché ho colto sempre quello che c’è tra le righe!
La trama (dalla IV di copertina)
In un’Italia ribaltata – eppure estremamente familiare –, le complicazioni del pensiero e della parola sono diventate segno di corruzione e malafede, un trucco delle élite per ingannare il popolo, il quale, in mancanza di qualcosa in cui sperare, si dà a scoppi di rabbia e applausi liberatori, insulti via web e bastonate, in un’ininterrotta caccia alle streghe: i clandestini per cominciare, poi i rom, quindi i raccomandati e gli omosessuali. Adesso tocca agli intellettuali. Il primo a cadere, linciato sul pianerottolo di casa, è il professor Prospero, colpevole di aver citato Spinoza in un talk show, peraltro subito rimbrottato dal conduttore: “Questo è uno show per famiglie, e chi di giorno si spacca la schiena ha il diritto di rilassarsi e di non sentirsi inferiore”. Cogliendo l’occasione dell’omicidio dell’accademico, il ministro degli Interni istituisce il Registro Nazionale degli Intellettuali e dei Radical Chic per censire coloro che “si ostinano a credersi più intelligenti degli altri”. La scusa è proteggerli, ma molti non ci cascano e, per non essere schedati, si affrettano a svuotare le librerie e far sparire dagli armadi i prediletti maglioni di cachemire… Intanto Olivia, la figlia del professore, che da anni vive a Londra, rientrando per il funerale, trova un paese incomprensibile. In un crescendo paradossale e grottesco – desolatamente, lucidamente divertentissimo –, Olivia indaga le cause che hanno portato all’assassinio del padre. Attraverso i suoi occhi, facendo scattare come una tagliola il meccanismo del più affilato straniamento letterario, Giacomo Papi ci costringe a vedere, più che il futuro prossimo, il nostro sobbollente presente. Con spietata intelligenza e irrefrenabili risate. “Questo libro non contiene parole difficili.” Autorità Garante per la Semplificazione della Lingua Italiana DL, 17/6, n. 1728.
Leggere questo libro è un modo per sapere che alcuni come me non sono soli a pensare che questa società sta “andando a rotoli”. Non mi riferisco al coronavirus (staremo a vedere che impatto avrà sulla nostra umanità alla resa dei conti), bensì in termini di educazione, cultura, approfondimento, riflessione, uso dell’intelligenza, libertà di pensiero e di espressione.
DI seguito mi piace riportare tre citazioni che ho scelto dal libro stesso.
“Ci ho pensato molto, sai. Non è vero che gli intellettuali non servono a niente.” “Ah no? E a che cosa servirebbero?” “A sentirsi meno soli.” Olivia sollevò le sopracciglia, perplessa. “Che cosa c’entra la solitudine?” Cesare le strinse piano l’avambraccio e si mossero. “Le cose dentro i libri dimostrano che le cose dentro le persone si assomigliano.”
Questa è una considerazione neutra, addirittura positiva. Io l'ho letta in questo modo.
In effetti i libri sono un modo di occupare (bene) il tempo e servono a diversissimi scopi: studiare, conoscere, approfondire, ma anche divertirsi o riflettere. E non dipende dal genere. In questo periodo, per diletto, leggo dei gialli attraverso i quali comunque mi faccio un'idea di tante cose e alcuni passi me li segno, perchè sono "pillole di saggezza".
Quindi mi identifico e imparo.
“La cultura è una scommessa sul fatto che alla fine ci si possa capire. Per questo può dare fastidio”.
Anche questa affermazione... è positiva. Soprattutto pensando alla prima parte. La seconda purtroppo è molto triste. Se ci penso infatti non mi pare proprio che ci sia tanta libertà di espressione, ascolto, accoglimento...
Anche in ambito aziendale la mia esperienza mi porta a dire che tanti bei temi di cui si parla nei convegni, si scrive negli articoli, una volta che uno cerca di tradurli in pratica può essere messo da parte, giudicato, criticato, visto come "il grillo parlante" e quindi ... dà fastidio.
"... Perché per mangiare pensare non serve. Forse c’entrava anche questo con l’odio verso gli intellettuali: la cultura non può essere consumata, mentre oggi quello che ha valore deve essere divorato fino alla distruzione, fino a farlo sparire.
Acuto dal punto di vista politico e delle “strategie” posto che si possano affiancare la parola strategia a certi nostri politici che si riconoscono nel Ministro dell’Interno del libro.
Il ministro tacque di nuovo, poi sospirò:
“Lei lo sa perché gli intellettuali sono così importanti?”
Lo psicologo non lo sapeva, ma sapeva che era una domanda retorica e non doveva rispondere.
“E lo sa perché sono pericolosi?”
Lo psicologo non aveva mai pensato che potessero esserlo.
La voce flautata del ministro riprese a vagare per la stanza: “Perché le emozioni sono facili, elementari. Se impari i trucchi, le puoi governare, mentre i pensieri rimangono liberi, vanno dove dicono loro e complicano le cose. Dove comanda la ragione, la statistica muore”.
Questa citazione invece fa venire i brividi. Mi sembra di leggere un riferimento alla politica dei giorni nostri o della politica in generale che muove le masse facendo leva sulle emozioni.
E' vero che le emozioni hanno un loro valore e nelle pratiche di management da decenni ormai sono diventate un elemento da valorizzare... Oddio, mi viene un dubbio atroce!
Che anche in azienda il CEO voglia fare sue le parole del Ministro?