Come si diventa coach professionisti
L'ispirazione viene ... dalla vita, dalle piccole cose di ogni giorno
Un magazine allegato a uno dei maggiori quotidiani italiani ormai “alcuni” anni fa pubblicava un articolo dal
titolo:
“Una consigliera per il MANAGER” A SCUOLA DI COMANDO Sono quasi tutte donne. Suggeriscono le decisioni giuste. Aiutano ad affrontare lo stress. E sanno ascoltare. Le coach sono ormai indispensabili per i boss americani. Tanto da essere pronte a prenderne il posto.
– Riccardo Romani
E continuava:
… ”Tra il ritiro della spesa e la consegna del figlio a scuola, trova il tempo di spiegare a un importante uomo d’affari sulla West Coast come si deve gestire un affare da 10 milioni di dollari.” ... La Intercoach tanto casereccia però non è: l’hanno citata sul quotidiano Usa Today e poi sul settimanale economico Fortune. Azienda leader. Leader di che cosa? Del “coaching”. Che viene dall’inglese “to coach”: allenare, guidare. Laura si è specializzata proprio in questo. Ma non nell’accezione sportiva del termine, piuttosto nel senso che consiste nello studiare gli schemi che servono a cavarsela nella vita. Soprattutto alle persone abituate a vivere nello stress. Uomini d’affari principalmente. Amministratori. Presidenti. Qualche politico. Gente che a un certo punto è costretta a rientrare nello spogliatoio della vita e non può far altro che ascoltare le parole del coach prima di affrontare il secondo tempo di una trattativa o di una grana di lavoro.
…
Perché i grandi uomini d’affari preferiscono prendere consigli esclusivamente da donne? Semplice: perché possono essere veramente loro stessi. Lasciano da parte il machismo, per mostrare la parte più intima di se stessi, esporsi all’attenzione del coach e ottenerne i consigli giusti. Un uomo che parla a una donna non ha bisogno di atteggiamenti virili per giustificare il suo grado, come farebbe invece se fosse di fronte a un consiglio di amministrazione. Non si sente in competizione. In quel momento è solo una persona che cerca aiuto per un problema (Riccardo Romani)”.
L'articolo originale (253 kb.)
L’intelletto cerca, ma chi trova è il cuore.
– G. Sand
E’ stato amore a prima vista!
Anche se - come tutti i semi - ha voluto del tempo per maturare: degli anni, un licenziamento, la crisi economica, la crisi del mio settore professionale. Ma poi è venuto fuori prepotentemente e all’inizio di un anno – tanti anni fa ormai - ne ho valutato la fattibilità. Come per tutti i miei “amori” e le mie scelte vere, convinte, vitali. Non un vero e proprio business plan ancora, ma uno studio di fattibilità. Quando si abbraccia una cosa talmente nuova è difficile fare un business plan in termini economico-finanziari, ma in termini di informazioni, principi, bisogni, tendenze, “intangible”, questo sì!
La visone senza azione è un sogno. L'azione senza visione è un incubo.
– Japanese proverb
E poi sono andata. Ho letto, comprato libri, navigato su Internet, fissato appuntamenti e fatto incontri e poi ho scelto. In particolare ho scelto una scuola.
E porto avanti la scelta: è una scelta a medio termine, ma è un sogno di donna adulta da portare fuori dal cassetto per compiere l’opera di mettere a frutto i talenti di cui sono stata dotata dal buon Dio e in linea con i primi quarant’anni della mia vita: solo uno sguardo nuovo sul mondo e una nuova possibilità di agire su di esso.
Non so se ce la farò, ma il percorso mi piace e la vita è fatta di percorsi non di mete.
L'Executive Coaching
Nell’executive coaching ho visto la possibilità per me di recuperare la mia storia professionale passata, cioè di recuperare tutto quanto appreso in un certo mercato e ricoprendo diversi ruoli in diverse aziende, e di valorizzarlo rimettendolo a disposizione del mercato.
Nell’executive coaching ho visto la sfida a vedere la mia professionalità da un nuovo punto di vista e a cambiare il modo quindi di metterla a disposizione del mercato.
Nell’executive coaching ho visto la possibilità di esprimere i principi / valori che mi sostengono / motivano: mettere a disposizione la mia intelligenza trasformata in professionalità per far lavorare meglio le persone. I miei interventi
organizzativi da consulente e da esperta di sistemi informativi si sono evoluti in interventi uno a uno per far sì che il singolo manager / imprenditore lavori meglio con maggior soddisfazione per sé e per la sua azienda e quindi … per il mondo intero.
Nell’executive coaching ho visto la possibilità di ricongiungere la mia parte privata e la mia parte professionale. Anni fa ho fatto il business plan per un’azienda di formazione manageriale. Durante la preparazione ho fatto uno dei vari test di tipo psicoattitudinale che si usano in ambito aziendale e ho riscoperto di essere una persona estroversa. Ho cioè realizzato (nel senso che “mi sono resa conto”) che la mia natura - per come la ricordo da quando ero bambina - è quella della persona estroversa che cerca il rapporto con gli altri. Negli anni dell’Università e poi nei primi anni di carriera negli anni ’80 e nei primi anni ’90 mi sono controllata, ho fatto l’ingegnere, l’esecutore… ma “nel mezzo del cammino”, verso la maturità ho riscoperto la mia natura. E’ stato come lavarsi la faccia con l’acqua fredda fuori dal rifugio in montagna.
Nel coaching – nel percorso per diventare coach e nel fare il coach come professionista – ho la possibilità di vivere tutta me stessa senza limiti.
Al coaching devo anche la consapevolezza sul percorso svolto quest’anno e il bisogno di testimoniarlo per iscritto.
Condividere, che senso ha?
Difficile dire da dove nasce il bisogno di mettere per iscritto qualcosa… Un’origine l’ho trovata in un esercizio fatto durante la scuola di coaching: in una lezione è stato chiesto di leggere un brano, la fiaba de “Il brutto anatroccolo” nello specifico, e di darne in sequenza due letture, una per un ipotetico giornalino aziendale, stressando quindi l’interpretazione in chiave professionale, e una per il proprio diario, quindi con un’interpretazione personale, intima.
Quello che segue è l’”esercizio”.
1) La lettura aziendale - “Rileggiamo “Il Brutto Anatroccolo” da grandi”
Ultimamente durante un bel week-end di giugno a Milano mi è capitato tra le mani un vecchio libro di fiabe e ho riletto “Il brutto anatroccolo”. Mi è venuto naturale fare un paragone con il percorso di carriera di ciascuno di noi.
Ognuno ha la sua strada e la sua collocazione nella vita che gli dà la felicità. La Natura, la Provvidenza o qualche altra forza (ognuno pensi alla forza che lo guida e lo sostiene!) lo guidano e, alla fine, lo fanno approdare dove lui si troverà bene. Si tratta però a volte di partire dal posto sbagliato, a volte di provare a collaborare con funzioni di cui non condividiamo linguaggi e valori, a volte di affrontare momenti di ripensamento e di prova, ma alla fine ci arriviamo, se andiamo dritti per la nostra strada e diamo pure ascolto agli altri, ma non ci forziamo oltre un certo limite.
E i veri amici che dicono cose spiacevoli? Hanno anche loro il loro punto di vista, che è limitato come ogni punto di vista. Il mondo è grande, “si stende molto lontano”.
Proviamo a pensare che il nuovo collega che abbiamo in Amministrazione e non sa usare Excel potrebbe essere il nuovo Amministratore Delegato oppure che la collega che non sa chiacchierare con noi amabilmente di gonnelline e infradito potrebbe essere la nuova Marisa Bellisario. Proviamo a pensare che se noi stessi ci sentiamo stretti non è perché siamo sbagliati noi, ma perché siamo solo a metà del guado.
Buona pausa di riflessione estiva a tutti!
2) La lettura personale
Caro diario,
questa mattina al corso ho letto la fiaba “Il brutto anatroccolo”.
Mentre la leggevamo ho provato parecchie sensazioni:
- innanzitutto mi sono immedesimata nei luoghi: la natura, il verde, i laghi, l’estate, tutte cose che a Milano - seppure bella - non si possono apprezzare
- ho sentito il calore del sole e il profumo del grano e la voglia di … vacanza
- ho provato tenerezza per il piccolo brutto anatroccolo, anche se non sono una madre
- ho provato solidarietà per lui, perché anch’io sono un brutto anatroccolo
- ho sottolineato la frase sui veri amici che sono quelli che dicono le cose spiacevoli… su cui riflettere: sai che il mio rapporto con l’amicizia è “problematico”
- ho provato un senso di fiducia alla fine: per l‘anatroccolo c’è Madre Natura, per me c’è la Provvidenza
- Caro diario, sto diventando un cigno?
E’ stato un seme perché l’esercizio mi ha dato soddisfazione e penso abbia dato qualcosa ai miei compagni di corso che hanno apprezzato la lettura ad alta voce della mia recensione per il giornalino aziendale…
E’ stato un seme per una doppia lettura dell’anno trascorso: la chiave professionale e la chiave personale.
Il frutto?
Il frutto
Il frutto? Il frutto vero e proprio del mio incontro con il coaching è il progetto dei miei secondi quarant’anni dal punto di vista personale e professionale.
Quando ho iniziato a lavorare si poteva pensare ad un percorso di carriera sia singolarmente sia ufficialmente all’interno di un’azienda. Nel mio caso: laurea, società di consulenza di management: da “assistant” a “partner”, da professional a imprenditore, entro i quarant’anni massimo. Al dopo non ci si pensava come se contassero solo i primi quarant’anni e poi si vivesse di rendita o forse altro …
Quando sono arrivata a quarant’anni da una parte, seppur in maniera non ortodossa, mi sono ritrovata ad aver svolto il compito e anche a poter vivere di rendita, ma dall’altra avevo ancora davanti degli anni e dell’energia da spendere e … un mondo cambiato. E quindi ho dovuto - come a vent’anni - pensare a una direzione da prendere e ci ho pensato non accontentandomi di una soluzione di breve periodo, ma cercando una direzione di medio-lungo periodo in cui poi magari far rientrare attività singole di respiro più breve.
Come avverte Steve Jobs ci sono dei puntini nella vita e guardandosi indietro si riesce anche a congiungerli e a vedere una logica in tutto quanto. A me sembra già di vederla anche se questo nuovo percorso in avanti è troppo breve per voltarsi indietro e trarre delle conclusioni.
E’ come avere la possibilità di partire per un viaggio.
Partire
Con uno sguardo nuovo
Un animo disponibile
Orecchie per ascoltare
Mani per stringerne altre
Semplicità per stupirsi
Sincerità per rimettersi in discussione
Non esigere nulla
Accontentarsi di poco
Per vivere alla giornata
E gustare l’essenziale… (non mi ricordo l’autore, se ce n’è uno di noto)