Che competenze professionali si sviluppano viaggiando
Siete di quelli che viaggiano per conoscere?
Allora non ci sono da conoscere solo le persone del luogo visitato, la cultura, i monumenti, i paesaggi, la natura, la cucina, etc. ci sono i compagni di viaggio e i compagni occasionali di viaggio. Insomma “tanta roba” come diceva una mia compagna di viaggio questa estate.
Ho viaggiato per anni in gruppo con un’organizzazione di viaggi avventura. Era tanti anni fa. Il mondo era ancora un po’ da scoprire, internet non c’era e questo faceva un grossa differenza. Sapere che giro fare, avere dei nominativi di organizzatori, ristoranti, locande o alberghetti faceva la differenza. Ho iniziato a viaggiare con loro attratta dalle descrizione di una persona incontrata in un rifugio durante un trekking in alta montagna e dopo aver sfogliato un loro giornalino… Ho viaggiato con loro per tantissimi anni - per viaggiare e per il gruppo.
Ho iniziato a viaggiare con un viaggio difficile, la Cina nel 1988, senza conoscere nessuno del gruppo di circa 18 persone.
Viaggiare in gruppo
Viaggiare in gruppo richiede alcune qualità di base che possono ("devono" se vuoi continuare) essere sviluppate.
- Deve piacerti la gente e non solo il paese e le cose da vedere. Devi essere aperta a conoscere anche i compagni di viaggi, ad aiutarli, a condividere le medicine o anche i vestiti se a qualcuno rubano lo zaino, ad ascoltarli anche e soprattutto se vengono da un mondo lontano dal tuo …
- Devi mediare: non si può sempre scegliere il ristorante che dici tu o fermarsi in una località quanto dici tu
- Non devi giudicare prima di aver ascoltato, ascoltato e ascoltato.
Insomma un sacco di vincoli…
Si e no.
Ho incontrato in questi viaggi persone “speciali” che hanno fatto la mia vita: l’amica del cuore, l’uomo della mia vita, il testimone di nozze, l’amante, ….
Il mondo è cambiato e lo è anche questa organizzazione a cui faccio riferimento.
Restano però valide le riflessioni sulla vita di gruppo. E anche sulle capacità del capogruppo: non era un accompagnatore di mestiere, ma uno “improvvisato”. Uno di loro, anzi diversi di loro hanno dimostrato doti di leadership notevoli.
Cosa si impara
Faccio qualche esempio di vita vissuta:
Mauro sembrava democratico, coinvolgeva i partecipanti, poi magari faceva quello che preferiva, ma in sostanza la sua era una leeadership del consenso. Una volta era contento uno, una volta l’altro: questa era la sua regola.
Un'altra regola era che non si poteva sempre tirare la corda: va bene tanti kilometri, un letto scomodo e una cena non entusiasmate, ma ogni 3-4 giorni ci voleva qualcosa di buono e bello per rinfrancarsi.
Mai rubare al gruppo perché si è il capo. C’è sempre uno che ti scopre e non lascia correre (tante volte sono stata io che tenevo i conti!).
Parlare con le persone uno a uno è ancora qualcosa che serve a stringere i legami. Va bene il gruppo ma per approfondire ci vogliono dei momenti a due… anche senza fare niente di male!
Essere stronzi con i locali non va bene, mai.
Essere donne a volte non è ideale specie in paesi dove le donne non parlano mai - Africa, Medio Oriente - meglio avere a fianco un uomo anche solo come “figurante”.
Se non stessi parlando del viaggio e parlassi di azienda non vi risuonerebbe qualcosa?
Noi di GoodGoing! abbiamo un approccio aperto nel lavoro che facciamo. Ad esempio il bilancio delle competenze (che serve a fare il punto su quanto si ha da offrire al mercato prima di mettersi alla ricerca) comprende sempre la valutazione e la valorizzazione delle attività extraprofessionali... specie se si vuole cambiare non solo l'azienda datrice di lavoro , ma proprio cambiare in toto il proprio percorso professionale!