Ho perso il posto di lavoro. E ora cosa farò?
Una delle più temute conseguenze della pandemia è quella di perdere il posto di lavoro. Una situazione che purtroppo non è improbabile possa verificarsi per quanti, incolpevoli, dipendono da imprese che hanno visto il fatturato contrarsi significativamente nella scorsa primavera e che hanno visto una ripresa solo parziale grazie al recupero del terzo trimestre dell’anno, purtroppo non sufficiente per azzerare le perdite subite e con la prospettiva di un quarto trimestre ancora condizionato dalla situazione sanitaria, senza contare l’incertezza dello scenario a medio termine.
Scenario che contempla la dolorosa necessità, per molte imprese, di sacrificare una parte dei propri dipendenti per cercare di sopravvivere e traghettare l’impresa oltre questo periodo.
Ma dietro ad ogni perdita di posti di lavoro ci sono persone e situazioni che non possono essere considerati solo numeri e statistiche. Cosa sarà di queste tante persone e delle loro famiglie? Chi si occuperà dei loro casi? Non ho la presunzione di poter dispensare consigli alle istituzioni, alle associazioni datoriali e sindacali ed agli organismi preposti, ma, nell’ambito della mia attività, mi preme cercare di incoraggiare quanti sentono pendere sulla propria testa la spada di Damocle della prospettiva di un futuro incerto e vivono con paura l’insicurezza di un periodo mai sperimentato prima.
Mi rivolgo in particolare a chi ha un’esperienza professionale importante ed ha ancora molto da dire e da dare al mondo del lavoro. Purtroppo, non siamo nuovi a scenari di crisi occupazionale come quello innescato dalla crisi finanziaria del 2008, arrivata in un mondo in rapida trasformazione e che ha colpito indiscriminatamente tutte le categorie accanendosi, in particolare ma non solo, contro gli over 50. Parlo di questo contesto con cognizione di causa, perché ne faccio parte ed ho vissuto quest’esperienza, seppure mi possa definire fortunato. Quindi vi racconterò cosa ho imparato in questi anni e come sia possibile ritrovare un nuovo equilibrio. Non sarà l’esposizione di teorie apprese con letture illuminanti, bensì la storia del mio vissuto con l’auspicio che la mia esperienza possa tornarvi utile.
Cominciamo da qui: la perdita del posto di lavoro (il licenziamento) è un evento traumatico come un lutto e ci vuole tempo affinché possa essere assorbito. Se è avvenuto senza che vi fossero segni premonitori (ammesso d’essere in grado d’intercettarli) nei primi tempi potreste trovarvi a dormire poco, sentirvi spenti e depressi, sia perché l’incertezza del futuro spaventa chi aveva conquistato un reddito dignitoso, una posizione sociale e magari contratto impegni finanziari come un mutuo per la casa, sia perché si convive con la sensazione di essere stati “scartati” dai propri datori di lavoro per demerito o per obsolescenza delle competenze a prescindere dai motivi che hanno determinato effettivamente la rottura. Se siete passati attraverso esperienze di questo tipo sapete di cosa parlo, se invece non vi fosse mai capitato, l’augurio è che non debba accadervi, ma anche la consapevolezza che sono situazioni in cui ciascuno di noi potrebbe imbattersi. E se capitasse …
La prima cosa da fare
Il mio primo consiglio è quello di “staccare la spina” per un certo periodo di tempo, la cui durata non può essere prestabilita perché diversa per ciascuno di noi secondo i bisogni e la situazione. Staccare la spina è importante per eseguire un “reset” ed accorciare il periodo di disagio aiutandovi a “riassorbire” lo shock subito in meno tempo. Per ciascuno di noi il modo per staccare la spina è diverso, ma un buon metodo è quello di fare attività fisica, concedendosi delle lunghe passeggiate nei parchi cittadini o nelle strade di campagna (se vivete fuori città) oppure frequentando una palestra o magari ancora facendo esercizi a casa, com’è raccomandabile in questo periodo (ci sono un sacco di tutorial gratuiti per ogni tipo di pratica su YouTube, se non sapete da dove cominciare). Qualunque sia la vostra opzione, cercate di ripulire la mente dai cattivi pensieri.
Secondo consiglio (la seconda cosa da fare)
Non appena vi sentite un po’ meglio analizzate la vostra situazione finanziaria per determinare l’autonomia: per quanto tempo potete vivere con la buonuscita ed i vostri risparmi prima di incorrere in rinunce e difficoltà economiche? Questo esercizio, oltre ad essere determinante per le scelte successive, è fondamentale per compiere scelte razionali. Se vi poteste permettere un periodo discretamente lungo (nell’ordine di 1-2 anni) allora il ventaglio delle opzioni per il vostro futuro si amplierebbe oltre la ricerca di un lavoro di rimpiazzo a breve.
La terza cosa da fare
Decidere del proprio futuro è difficile, trovare un nuovo impiego o aprire un diverso fronte professionale lo è ancora di più. Se non avete un metodo chiaro e comprovato o non siete tra quelli che possono contare su un network cospicuo di conoscenze, allora affidatevi ad un esperto, rivolgetevi a GoodGoing! Il nostro team saprà aiutarvi con professionalità ad accorciare il tempo necessario per trovare una nuova collocazione, anche in tempi di oggettiva difficoltà come questo.
Nel caso che mi ha visto protagonista, come ho già detto in precedenza, mi posso reputare fortunato per diverse ragioni: la prima è che non avevo l’immediata necessità economica di trovare un altro impiego, la seconda è che volevo valutare la possibilità di fare qualcosa per conto mio, seppure senza avere ancora in testa un’idea chiara, la terza è che conoscevo già da qualche tempo (siamo nel 2013) Cristina Gianotti, che ha condiviso con me la sua idea sulla base della quale avremmo di lì a non molto fondato GoodGoing!
Dunque, una serie di coincidenze e convergenze mi ha spinto verso una strada difficile, irta di ostacoli ed incerta come nessuna dal punto di vista dei risultati attesi: per quanto si ragioni, si sia lucidi ed abituati a pianificare, far partire una nuova attività imprenditoriale è un’iniziativa zeppa di incognite ed occorre sapere in partenza che la maggior parte di esse è destinata a fallire. Ma se avete il gusto della sfida, anzi, se sono le sfide ad appassionarvi ed a rendervi vivi e desiderosi di farcela allora, se non state mettendo a repentaglio l’equilibrio dei vostri affetti familiari, potete provarci, sempre con la nostra assistenza, of course.
Se questa strada vi tenta sappiate che è richiesta anzitutto una virtù oggi molto spesso pronunciata in altri contesti: la resilienza, che in questo caso si declina come spirito di adattamento, voglia di fare, entusiasmo, ma anche persistenza, insistenza, resistenza. E poi competenze sempre aggiornate, buona reputazione (personal branding) e buone relazioni con ex colleghi, clienti, partner e conoscenti, perché è a loro che vi rivolgerete per ottenere supporto e aiuto.
Le pause nella carriera sono un buon momento per fare un’autovalutazione delle competenze e delle lacune rispetto al potenziale ritorno in un’organizzazione, sia in forma di dipendente che di consulente, ma anche in chiave di sviluppo personale. Esistono moltissime opportunità di aggiornamento, anche gratuite, per seguire corsi ben strutturati ed eventi on line organizzati da vendor e società di consulenza che vi offriranno una finestra su temi di tecnologia come AI, IoT, Blockchain, Big Data, etc. oppure a rivisitare i vostri “soft skills”, competenze oggi molto all’attenzione di chi valuta i CV. Se avete bisogno di consigli non esitate a contattarci (info@goodgoing.it)